D02-05. Manifestazione del Dono alla Fine dei Tempi

Gioele 2:28-32. Vivendo alla “fine dei tempi” (nella prospettiva dell’Antico Testamento; 1 Pietro 1:20; Ebrei 1:2), l’apostolo Pietro vide nell’effusione dello Spirito, manifestatasi alla Pentecoste per mezzo del dono delle lingue (Atti 2), un adempimento della profezia di Gioele.

Tuttavia, la Pentecoste pare che sia stata piuttosto un adempimento solo parziale, poiché Gesù pone i segni nel sole e nella luna, menzionati da Gioele, dopo l’epoca oscura della persecuzione e in maggiore prossimità all’avvento del “grande e terribile giorno del Signore” (Gioele 2:31). Inoltre, Gioele fa riferimento in modo specifico a una manifestazione del dono della profezia, pertanto una realizzazione completa dell’antica predizione di Gioele richiederebbe una manifestazione del dono profetico alla fine dei tempi.

Matteo 7:15-20; 24:24. Poiché Gesù preannunciò l’apparizione di “falsi profeti” alla fine dei tempi, tale predizione costituisce una prova presunta della vera manifestazione di tale dono.

1Corinzi 12; Efesi 4; ecc.  La dottrina neotestamentaria dei “doni spirituali” (che includono il dono profetico) non è mai stata abrogata. Se il passato può dare qualche indicazione per il futuro, dobbiamo prender nota del fatto che il dono profetico in genere operò in periodi di crisi o carichi di significato speciale: Noè prima del diluvio; i profeti maggiori e minori si raggruppano nei periodi critici della storia d’Israele, quando Assiria, Babilonia e Persia minacciano l’esistenza di Israele, o vi influiscono profondamente; Giovanni Battista prima della venuta di Cristo; ecc.

Sarebbe quindi ragionevole attendersi qualche genere di manifestazione profetica prima della conclusione del tempo di grazia e del secondo avvento, che rappresentano la conclusione del piano della salvezza.

Apocalisse 12:17; 19:10. Se i nostri pionieri mettevano in risalto la predizione di Gioele 2 per difendere una manifestazione legittima del dono di profezia, non erano però indifferenti alle implicazioni di Apocalisse 12: 17 e 19:10. In un articolo sulla Review and Herald del 16 ottobre 1855, James White affermò:

“Ma riferiamoci a Gioele 2:32 per vedere dove egli situa la profezia. ‘E avverrà che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e a Gerusalemme vi sarà salvezza, come ha detto il Signore, così pure tra i superstiti che il Signore chiamerà’. È compito del rimanente testimoniare di queste cose. È il rimanente (cioè l’ultima porzione della chiesa) che osserva i comandamenti di Dio e ha la testimonianza di Gesù Cristo (cioè lo Spirito di Profezia, secondo Apocalisse 19:10), nella maniera più certa, che ha il compito di diffondere questo messaggio di liberazione. ‘Chiunque invocherà il nome del Signore’, in un tempo di tribolazione quale non era mai avvenuto prima, condividerà con gli altri tale liberazione. ‘Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui?’ (Luca 18:7). La stessa invocazione del nome del Signore è simboleggiata dall’angelo (Apocalisse 14:15) che grida a gran voce a colui che siede sulla nuvola: ‘Metti mano alla tua falce e mieti; poiché è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura’.

Dio ha sempre manifestato la sua potenza in favore dei suoi figli secondo le loro necessità e quelle della opera che devono compiere. Possiamo mai supporre, anche solo per un momento, che il popolo di Dio attraverserà i pericoli degli ultimi giorni e fronteggerà il tempo di tribolazione, incomparabile con ogni altro nel passato, senza che Dio si manifesti per mezzo di quei doni che egli stesso ha riservato per la chiesa? È così, in verità. Dio ha promesso, tramite il profeta Gioele, di compiere grandi cose per il rimanente, ‘prima che venga il grande e terribile giorno del Signore’”.

1. Il libro dell’Apocalisse tratteggia la figura di due donne: una pura, rivestita di luce (Apocalisse 12), e una caduta, designata con il nome di “Babilonia la grande”. In un certo senso le due donne simboleggiano la stessa entità: il cristianesimo. Entrambe hanno dei discendenti (12:17; 17:5). Apocalisse 12 sembra delineare l’immagine dei leali seguaci di Dio e il corso della loro storia; Apocalisse 17 simboleggia lo sviluppo e il corso dell’apostasia cristiana.

La donna pura che si nasconde nel deserto per sfuggire alla persecuzione sia del dragone (12:17) sia della donna caduta (17:6), nella sua essenza rappresenta una pluralità di gruppi fedeli al Signore. Tali gruppi (benché non siano necessariamente puri sotto ogni aspetto della dottrina, si veda a proposito la storia simbolica della chiesa in Apocalisse 2:3) conservarono la fede in Dio e la lealtà alle Scritture durante l’età buia del Medio Evo. Come deve essere identificato allora il “rimanente della sua discendenza” (“il resto della sua progenie” secondo altre versioni): deve essere compreso come un rimanente del cristianesimo della fine dei tempi in senso generale, oppure deve essere delimitato come un gruppo specifico di cristiani?

2. Il libro dell’Apocalisse sembra descrivere i genuini seguaci di Dio alla fine dei tempi secondo due diverse classificazioni: (a) “quelli che restano della discendenza di lei che osservano i comandamenti di Dio (12:17), e (b) il popolo di Dio che è in Babilonia (18:4). Questo implicherebbe – tecnicamente – che il gruppo designato come “rimanente” in Apocalisse 12 non costituisca la totalità dei veri cristiani in senso generale, ma sia qui delimitato piuttosto come gruppo specifico dotato di precise caratteristiche: essi osservano i comandamenti di Dio e hanno la testimonianza di Gesù.

Inoltre, è ragionevole ritenere che il rimanente, in altre parole l’ultima propaggine del popolo di Dio cui si riferisce Apocalisse 12:17, si farà anche portatore dell’ultimo messaggio di Dio. Tale messaggio è descritto in Apocalisse 14:9-12 come quello del “terzo angelo”. Si tratta di un messaggio specifico che comprende dei punti ben determinati e anche i contenuti del messaggio dei primi due angeli (vedi Apocalisse 14:6-14). Se quelli che compongono il “rimanente” di Apocalisse 12 sono gli estensori del messaggio del terzo angelo (Apoc.14), allora dovrebbero necessariamente rappresentare un gruppo specifico di cristiani, che si distinguono per le caratteristiche di quel particolare messaggio. Storicamente gli avventisti del settimo giorno hanno ritenuto di adempiere il ruolo del terzo angelo; di conseguenza abbiamo naturalmente visto il nostro movimento come simboleggiato in Apocalisse 12:17.

3. “La testimonianza di Gesù” (12:17). La questione in questo caso consiste nel chiedersi se la frase denoti una manifestazione del dono profetico alla fine dei tempi in un gruppo definito come “il rimanente della discendenza di lei”.

L’espressione “testimonianza di Gesù” ricorre sei volte nel libro dell’Apocalisse (1:2,9; 12:17; 19:10; 20:4). Il primo problema concerne la sua traduzione. Ce ne sono due grammaticalmente possibili:

  1. La testimonianza intorno/concernente Gesù (genitivo oggettivo) = ciò che i cristiani  testimoniano intorno a Gesù; “coloro che rendono testimonianza a Gesù”.
  2. La testimonianza da/ proveniente da Gesù (genitivo soggettivo) = i messaggi da parte di Gesù alla chiesa.

Gli elementi che possiamo trarre dall’uso di questa espressione nel libro dell’Apocalisse suggeriscono che dovrebbe essere compresa come un genitivo soggettivo (una testimonianza da parte o per mezzo di Gesù) e che tale testimonianza è resa attraverso la rivelazione profetica. Ecco alcuni altri documenti in proposito:

a. Apocalisse 1:1,2. “Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi … e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo Giovanni. Egli ha attestato come parola di Dio e testimonianza di Gesù Cristo tutto ciò che ha visto”.

In questo contesto è evidente che “Rivelazione di Gesù” designa una rivelazione da parte o per mezzo di Gesù a Giovanni, il quale, di conseguenza la registra come testimonianza proveniente da e per mezzo di Gesù. Entrambe le espressioni al genitivo esprimono meglio il loro senso all’interno del contesto come genitivi soggettivi e si accordano con le parole conclusive di Cristo in questo libro: “Colui che attesta queste cose, dice: ‘Sì, vengo presto!’Amen!” (Apocalisse 22:20)

Nel suo commento alla stessa espressione in Apocalisse 19:10, James Moffat scrive:

La testimonianza di Gesù equivale in pratica a Gesù che testimonia(2:20). È l’autorivelazione di Gesù, (secondo il capitolo 1:1, dovuta in ultima analisi a Dio stesso) la quale spinge all’azione i profeti cristiani. È lui che dà contemporaneamente l’impulso e il soggetto delle loro affermazioni. (W. Robertson Nicoll, The Expositor’s Greek Testament, ed. [Grand Rapids : Wm. B. Eerdmans Publishing Company, 1961 reprint ] v. 5, p 465)

b. Se paragoniamo Apocalisse 19:10 con 22:9 troviamo un collegamento tra la testimonianza di Gesù e la funzione profetica:

19:10 – “Guardati dal farlo. Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli” e

22:9 – “Guardati dal farlo. Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli” e

19:10 – “come i tuoi fratelli che custodiscono la testimonianza di Gesù”

22:9 – “come i tuoi fratelli, i profeti…”

c. Apocalisse 19.10 definisce la testimonianza che proviene da Gesù come “lo spirito della profezia”. Per quanto James Moffat consideri la frase come una glossa, ne analizza il significato a partire dalle implicazioni di un genitivo soggettivo.

Poiché la testimonianza di (cioè resa da) Gesù è (cioè costituisce) lo spirito di profezia”. Questo … definisce in modo specifico i fratelli che portano la testimonianza di Gesù come possessori dell’ispirazione profetica. (Ibid.)

4. L’espressione “spirito di profezia” può essere compresa in tutti e due i sensi:

  1. Può riferirsi allo Spirito Santo che mette per iscritto o veicola la rivelazione profetica. “Degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2 Pietro 1:21). Espressioni come lo “Spirito della grazia”, “lo Spirito della verità”, ecc., designano lo Spirito che conferisce la grazia o la verità. Nello stesso modo la testimonianza che proviene da Gesù può essere identificata oppure collegata con la funzione che lo Spirito possiede di ispirare il profeta con una rivelazione da parte di Dio (cfr. 1:10). Tale rivelazione è, in effetti, una testimonianza da parte di Gesù. Questa interpretazione della frase si accorda con 1 Pietro 1:11, che fa notare come i profeti dell’Antico Testamento fossero ispirati dallo “Spirito di Cristo” e pertanto trasmisero una sua testimonianza.
  2. L’espressione “spirito di profezia” può essere anche compresa come il carattere fondamentale o l’essenza distintiva della profezia. Gesù che porta la sua testimonianza è l’essenza vera o l’anima della profezia. James White lo espresse così: “Lo spirito, anima e sostanza della profezia, è la testimonianza di Gesù Cristo. Oppure, la voce dei profeti relativamente al piano e all’opera dell’umana redenzione, è la voce del Redentore” (Life Sketches [1880 ed.], 335-36, citato in SDA Encyclopedia, art., “Spirit of Prophecy”).

5. In entrambi i casi, il passo di Apocalisse 12:17 mette in evidenza il fatto che il rimanente ha (avente, participio presente di echo) la testimonianza profetica da parte di Gesù. Si tratta di un possesso che il rimanente – secondo i testi citati- ha o detiene mentre il dragone compie la sua offensiva finale contro il popolo di Dio alla fine dei tempi. (Vedi Arndt e Gingrich, A Greek-English Lexicon sull’uso di marturia [testimonianza in Apocalisse]).

6. Se la “testimonianza di Gesù” è veramente la testimonianza resa da Gesù alla sua chiesa attraverso il canale profetico, allora si pone la seguente domanda: la caratterizzazione di Apocalisse 12:17 sottolinea il possesso, da parte del rimanente, delle Sacre Scritture, Antico e del Nuovo Testamento, oppure di una manifestazione post-canonica dei doni spirituali nella forma del dono profetico? La prima asserzione appare un’idea troppo ovvia perché lo scrittore profetico la sottolinei, mentre una manifestazione del dono profetico nel contesto della fine sarebbe più significativa.

Questa profezia concernente il possesso, da parte del rimanente, della testimonianza profetica resa da Gesù, può essere paragonata ai tanti riferimenti al Messia nei Salmi davidici. Un lettore dei tempi dell’Antico Testamento avrebbe collegato a Davide molte, se non tutte, le affermazioni di questi salmi. In seguito – dopo la vita, la morte espiatoria e la resurrezione di Cristo – queste dichiarazioni sono state applicate in modo più vasto e più perfetto al Messia, il Figlio di Davide. Nella stessa maniera, nel compimento di Apocalisse 12:17, in seguito allo sviluppo del movimento del terzo angelo, possiamo ora vedere quanto non era evidente prima di tale sviluppo: cioè che il possesso, da parte del rimanente, della “testimonianza di Gesù” comprende la coinvolgente verità che Cristo ha scelto di parlare al suo popolo, ancora una volta, per mezzo del dono profetico. E tutto questo avviene quando la chiesa deve affrontare una miriade di sfide, in quanto si trova davanti al tempo della fine e agli atti conclusivi del giudizio divino.