Come abbiamo già notato, il Nuovo Testamento enuncia una dottrina dei “doni spirituali”, o charismata, che significa “doni della grazia” (1 Corinzi 12; Efesi 4). Quest’azione, per la quale lo Spirito Santo riveste di sé singoli membri della chiesa, è volta al “perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo” (Efesi 4:12). “Ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto” ha il dovere di impiegarlo al servizio della chiesa per assisterla nel progresso della sua opera sulla terra (1 Pietro 4:10,11; cfr. Romani 12:6,7).
Poiché i doni devono essere continuamente accordati nel modo che lo Spirito reputa più adatto, “fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato d’uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo” ( Efesi 4:13), è ovvio che questi debbano operare fino al compimento del ministero della chiesa e dell’opera del giudizio.
Non c’è alcuna prova nella Scrittura che Dio voglia ritirare il dono profetico o qualsiasi altro dono prima del ritorno di Cristo (cfr. 1 Corinzi 13:8-12). Invece, l’antica profezia di Gioele 2:28-32, che viene riproposta da Pietro (Atti 2:16-21), preannuncia una grande, finale, effusione dello Spirito Santo e un’azione decisiva svolta dai doni spirituali. In connessione con questo, è appropriato notare che anche i falsi profeti saranno attivi alla fine dei tempi (Matteo 24:24).