Il libro More Than a Prophet: How We Lost and Found Again the Real Ellen White, (Più di un Profeta: Come Abbiamo Perso e Riscoperto la Vera Ellen White) di Graeme S. Bradford, tenta di ridefinire il ministerio di Ellen G. White, con la chiara intenzione di renderlo meno vulnerabile agli attacchi dei critici. Una conseguenza non voluta è che facendo ciò si rende il suo ministerio meno autorevole. Il Dott. Bradford si proclama un credente e un sostenitore di Ellen G. White e non ho ragione di dubitare delle sue motivazioni e affermazioni. Questo studio si soffermerà piuttosto su alcune affermazioni chiave del libro per verificarne la loro validità.
Alcuni dei più importanti punti di vista del libro sembrano emergere da una posizione teologica centrale: il libro ridefinisce la profezia del periodo neotestamentario, affermando che se è vero che i classici profeti del Vecchio Testamento parlarono con l’autorità che accompagna la rivelazione di Dio, le profezie del Nuovo Testamento sono invece meno certe e più probabilmente esse riflettono le personali interpretazioni del profeta. Per questo motivo, congettura il libro, la Scrittura ammonisce la chiesa a non accettare ingenuamente i messaggi persino dei veri profeti di quel periodo, ma a soppesare tali messaggi, ritenendo ciò che è buono e ignorando il resto; si tratta insomma di separare il grano dalla zizzania (vedi pp. 77-84).
Nell’applicare queste vedute all’opera di Ellen G. White, il libro attacca brani chiave della sua escatologia e della sua interpretazione delle profezie bibliche. Il libro di Bradford attribuisce le origini di queste posizioni, presenti nel libro Il Gran Conflitto, alle aspettative degli americani del 19osecolo. Come tali, il libro afferma, tali posizioni trovano scarsa applicazione nella odierna società globalizzata (vedi pp. 137-150).
Questo breve scritto vuole rispondere a questa difficoltà fondamentale, che ha a che fare con la natura della profezia del periodo neotestamentario.
Il libro fà una distinzione tra i profeti del Vecchio Testamento e quelli del Nuovo. Asserisce che i profeti del Vecchio Testamento avevano autorità, ma che nel Nuovo Testamento sono gli apostoli-profeti che avevano autorità. Ma le cose stanno veramente così? I profeti del Vecchio Testamento erano messaggeri senza autorità amministrativa, difatti l’autorità risiedeva con i re e sacerdoti. Anche nel Nuovo Testamento i profeti sono messaggeri, senza autorità amministrativa, la quale risiedeva sugli apostoli e gli anziani. I profeti proferivano messaggi da parte di Dio; quei messaggi avevano un’autorità profetica, ma stava ai dirigenti decidere se accettare o no le istruzioni ricevute e agire di conseguenza. Ciò era vero non solo per Nathan, David, Elia e Ahab, ma anche per Agabus e Paolo.
Il capitolo 9 di More Than a Prophet è intitolato “Il Bisogno di Discernimento.” Propone l’idea secondo la quale, in contrasto con i profeti del Vecchio Testamento che parlavano con autorità, il dono profetico nel Nuovo Testamento aveva uno “autorevolezza più bassa” (p. 79). Tale capitolo menziona quello che viene chiamato un “ampio consenso tra studiosi di rispetto” sull’idea che i messaggi dei profeti del Nuovo Testamento devono essere valutati. L’autore afferma che alcuni di questi messaggi profetici devono essere considerati validi e altri devono essere ignorati perché senza alcun valore. Questa asserzione troverebbe fondamento su due testi biblici: 1 Tessalonicesi 5:19-21 e 1 Corinzi 14:29. Il primo afferma “Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie, ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene.” Tradizionalmente gli Avventisti hanno visto in questo brano il bisogno di mettere alla prova i profeti , non di distinguere tra le vere e le false profezie di un vero profeta. Riguardo al dono profetico nella chiesa di Corinto, il secondo testo dice, “Anche i profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino.” Sebbene alcune traduzioni rendono l’ultima parte del versetto “soppesate cosa viene detto” il testo Greco non indica cosa deve essere giudicato o soppesato—i messaggi o i messaggeri, cioè i profeti. L’autore di More Than a Prophet crede che entrambi i testi si reiferiscano ai messaggi dei profeti e non ai profeti stessi. Ci viene detto che ‘giudicare’ consiste nel valutare la validità dei messaggi, nel separare il grano dalla zizzania, questo è cio che dovrebbe essere fatto con i profeti del periodo del Nuovo Testamento e del periodo successivo.
More Than a Prophet cita vari studiosi a sostegno di queste asserzioni. Primo fra tutti è Wayne Grudem, uno studioso evangelico, il quale è un punto di riferimento anche per altri, che crede nella inerranza biblica e anche nella validità dei moderni profeti pentecostali i cui messaggi sono spesso nell’errore. Nel tentativo di riconciliare queste posizioni egli ha proposto l’idea che i profeti del Nuovo Testamento abbiano meno autorità. Secondo questo punto di vista i profeti del Vecchio Testamento erano ispirati verbalmente e di conseguenza i loro messaggi erano inerrati. Tuttavia egli considera i profeti del Nuovo Testamento ispirati concettualmente, lasciando loro la porta aperta alla possibilità di attingere ad altre fonti o di offrire le proprie errate interpretazioni. Quindi, secondo questa posizione, il credente che legge le profezie del profeta deve distingere tra ciò che è vero e ciò che è falso. More Than a Prophet sembra che adotti questa interpretazione dei due testi biblici citati sopra, anche se non accetta tutto quello che Grudem crede sulla questione. Questa prospettiva spiega il fatto che l’autore sembra accettare molte delle accuse lanciate dai critici contro Ellen White, specialmente in un suo libro precedente, Prophets are Human. Se è cosi, per lui queste cose sono semplicemente gli errori di un profeta, che noi dobbiamo “giudicare”.
La parola greca tradotta “giudicare” in 1 Corinzi 14:29 è diakrino. Essa appare 16 volte nel Nuovo Testamento (Matt. 16:3, 21:21, Marco 11:23, Atti 10:20, 11:2, 12, 15:9, Rom. 4:20, 14:23, 1 Cor. 4:7, 6:5, 11:29, 31, 14:29, Giuda 9, 22). Tale termine trasmette una varietà di significati, incluso “dubitare ” o “contendere.” Un significato importante è “giudicare, discriminare, pesare, valutare, distinguere,” che troviamo in 1 Corinzi 14:29. E’ vero che tale significato include l’idea di distinguere il bene e il male, ma mai nel NT la parola è usata nel senso di distinguere tra una idea buona e una cattiva. Piuttosto, quando è usata nel senso di fare una distinzione, queste distinzioni sono tra persone. In 1 Corinzi 4:7 ecco cosa troviamo, “Infatti, chi ti distingue (diakrino)dagli altri ?” e in 6:5: “E’ possible che non vi sia tra di voi una persona saggia …capace di pronunciare un giudizio (diakrino) tra un fratello e laltro?” Il termine diakrino è usato anche in Atti 15:9 (“e non fece alcuna discriminazione fra noi e loro”) e in Giacomo 2:3, 4 (“giudicando in base a ragionamenti …”). Se in 1 Cor. 14:29 diakrino fosse stato usato per indicare una distinzione tra idee giuste e sbagliate, questo sarebbe l’unico caso nel NT. Ma se invita a distinguere il vero profeta dal falso, allora questo testo è in armonia con gli altri testi che usano diakrino per riferirsi alla distinzione tra persone e con altri testi ancora che ci amminiscono a fare distinzioni tra profeti, come Matteo 7:15 (“Guardatevi da falsi profeti”) e 1 Giov. 4:1-3.
Tuttavia, se prendiamo 1 Corinzi 14:29 e lo applichiamo ai messaggi che i profeti pronunciano (come viene fatto in More Than a Prophet), ci ritroviamo con la difficoltà di non trovare un uso di diakrino nel NT per distinguere tra messaggi o idee vere e false. Tuttavia sarà utile vedere altri usi di diakrino nel NT.
In Matteo 16:2, 3, Gesù dice: “‘Quando si fa sera voi dite:bel tempo perché il cielo rosseggia!’”; e la mattina dite, “Oggi tempesta perché il cielo rosseggia cupo.” L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere [diakrino] te I segni dei tempi non riuscite a discernerli?.’” Queste persone stavano distinguendo i veri segni dai falsi, accettandone alcuni e rigettandone altri? No. Esse stavano discernendo il significato dei segni.
Diakrino è usato anche in 1 Corinzi 11, tre capitoli prima della citazione riportata in More Than a Prophet. Parlando della Santa Cena, al versetto 29 si legge, “chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso e non discerne [diakrino] il corpo del Signore.” Nel rito della comunione, è negli elementi che dobbiamo distinguere il bene dal male? No, dobbiamo percepire il significato dei simboli.
Tre capitoli dopo, se Paolo usava la stessa parola riguardo al messaggio dei veri profeti, non è probabile che egli usò la parola nello stesso senso? Se è così, Paolo invitava i corinzi a considerare con attenzione i messaggi profetici per cercare il significato di cosa dicevano e trovare la loro applicazione nella vita dei credenti. Questa comprensione si armonizza con l’uso di Paolo del termine in 11:29 e con la comprensione unitaria dei profeti e della profezia nelle Scritture, senza creare una differenza radicale tra il dono profetico nel Vecchio e Nuovo Testamento.
Inoltre, entrambi le interpretazioni che abbiamo qui suggerito sono in armonia con la visione che Paolo ha dello scopo per il quale il dono di profezia è stato dato alla chiesa. In Efesini 4:8-15, Paolo elenca i doni spirituali e ci dice la ragione per la quale sono stati dati. Concentriamoci su questo brano: “Ed è lui che ha dato alcuni come apostolic , altri come profeti , altri come evangelisti , altri come pastori e dottori , per il perfezionamento dei santi in vista dll’opera del ministerio e dell’edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungano all’unità della fede e della piena conosecenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti all’altezza della statura perfetta di Cristo , affinché non siamo più come bambini sballottati e portazti qua e la da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore, ma seguendo la verità nell’amore crescendo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo.”
Secondo Paolo il dono della profezia, così come altri doni spirituali, deve condurre all’unità della fede e proteggerci dall’essere sballottati dalle false dottrine. Per fare ciò, deve aiutarci a distinguere la verità dall’errore in mezzo a questi “venti di dottrine” che soffiano intorno a noi. Ma se ci prendiamo noi la responsabilità di cercare di distinguere la verità dall’ipotetico errore nei messaggi dei veri profeti, come potrebbero quei messaggi rimporoverare i nostri errori? Qualora i profeti non sono d’accordo con noi, saremmo inclini (come oggi fanno alcuni) a dire che almeno su quel punto, il profeta aveva torto. Tale approccio contraddice lo scopo per cui, secondo Paolo, il dono profetico viene dato. Invece di creare unità, predispone alla divisione in seno alla chiesa, e ci riporta verso i tempi dei giudici biblici quando “ognuno faceva quello che gli pareva meglio” (Giudici 21:25).
Tale punto di vista è anche contrario alla descrizione che Ellen G. White fà del suo proprio dono e del suo scopo. Ella scrisse, “Caro lettore le raccomando la Parola di Dio come regola di fede e pratica. E’ da quella Parola che saremo giudicati. In quella Parola Dio ha promesso di darci visioni negli ‘ultimi giorni’; non per darci una nuova regola di fede ma per consolare il Suo popolo e per correggere coloro che si sviano dalla verità biblica” (Early Writings, p. 78, neretto aggiunto). Questo fu scritto agli inizi del suo ministerio profetico. Più tardi nel suo ministerio scrisse, “Il Signore mi ha dato molta luce e io voglio che il popolo l’abbia; poiché ci sono insegnamenti che il Signore mi ha dato per il Suo popolo. E’ luce che esso dovrebbe avere, linea su linea, precetto su precetto, un po’ qui un po’ là. E’ giunto il tempo che il popolo la riceva, poiché essa è stata data per correggere ingannevoli errori e per precisare cosa sia la verità. Il Signore ha rivelato molte cose che indicano la verità, dicendo così, ‘Questa è la via; camminate in essa.’”—Lettera 127, 1910 (Selected Messages, libro 3, p. 32, (neretto aggiunto).
Ellen White scrisse di persone che cercavano di distinguere il vero dal falso nelle sue testimonianze: “Molte volte nella mia esperienza ho dovuto far fronte all’attitudine di alcuni che pur riconoscendo che le mie testimonianze vengono da Dio, credono che su una certa questione, la sor. White dava solo la sua opinione o valutazione. Questa è l’atttudine di coloro che non amano la correzione e che, se contrariati, colgono l’oocasione per spiegare la differenza tra ciò che è umano e ciò che è divino.
“Alcune persone hanno opinioni preconcette o idee particolari che sono oggetto della riprensione delle testimonianze; allora tali persone immediatamente sentono il bisogno di far sapere chiaramente quale sia la loro posizione creando una discriminazione, distinguendo tra ciò che giudizio umano della sor. White e ciò che è parola proveniente dal Signore. Tutto ciò che approva e sostiene le loro care idee è divino e le testimonianze che intendono correggere i loro errori sono di natura umana, cioè opinioni della sor. White. Con la loro tradizione essi rendono vane le istruzioni di Dio.”—Manoscritto 16, 1889. (Selected Messages, libro 3, p. 68)
Ciò che è stato scritto fino ad ora non intende sostenere l’inerranza negli scritti della sor. White ma solo difendere l’ispirazione dei profeti neotestamentari, come espressione del modo in cui Dio ha operato nell’Antico Testamento. Così come la Sor. White ha rigettato l’idea di “diversità di gradi” di ispirazione nelle Scritture (vedi Selected Messages, libro 1, p. 23), allo stesso modo noi dovremmo rifiutare lo stesso punto di vista riguardo ai profeti. In una famosa dichiarazione scritta alla famiglia Garmire, la sor. White mise in guardia sul fatto che “Satana . . . promuove constantemente tutto ciò che è falso—allo scopo di allontanare dalla verità. L’ultimo inganno di Satana sarà quello di rendere neutralizzare le testimonianze dello Spirito di Dio. ‘Se il popolo non ha rivelazone è senza freno’ (Proverbi 29:18). Satana lavorerà con astuzia, in modi diversi e tramite differenti entità, per minare la fiducia che il popolo del rimanente ha nelle vere testimonianze.”—Lettera 12, 1890 (Selected Messages, libro 1, p. 48).
Ci sono degli argomenti nel libro More Than a Prophet con i quali possiamo essere d’accordo e altri non menzionati qui, sui quali potremmo dibattere. Ma la questione della natura della profezia nei tempi neotestamentari e successivi, sembra essere fondamentale per la tesi sostenuta da questo libro. Le conclusioni che emergono in esso hanno sollevato perplessità e preoccupazioni tra il personale del White Estate. La prefazione conentuta nella prima edizione di More Than a Prophet, che ha avuto un’ampia diffusione, implicava un parere favorevole sul libro da parte del White Estate, il quale ha ricevuto molte richieste di chiarimenti riguardo al contenuto del libro. Questa breve analisi è servita a esporre alcune preoccupazioni e a suggerire un approccio che crediamo essere più coerente con la Bibbia e le testimonianze della sor. White stessa.
William Fagal, Direttore Associato
Ellen G. White Estate