D00-04. “La Porta Chiusa e questioni affini”

Review and Herald, 3 marzo 1885, L’esperienza dell’avvento – n. 4

“LA PORTA CHIUSA E QUESTIONI AFFINI”

Forse, fra gli argomenti legati al movimento dell’avvento, la dottrina della porta chiusa è stato quello che i nostri nemici hanno cercato di usare con più decisione per accusarci. Propongo di esaminare la questione molto da vicino e di presentare i fatti che vi sono legati a beneficio di quelli del nostro popolo che non vi hanno familiarità. Scopriremo cose molto diverse da quelle che furono presentate dai nostri nemici.

Abbiamo affermato che, prima della data stabilita, i credenti erano ferventi e devoti, e abbiamo anche attestato l’amara reazione che ne seguì. Se prima era tutto caratterizzato da zelo, sincerità e impegno, dopo seguirono dolore, delusione e incertezza. Per i credenti, l’odio accanito contro la dottrina dell’imminente ritorno di Cristo, manifestato da molti membri di chiesa e così simile a quello degli ebrei verso i discepoli che avevano creduto nella prima venuta di Cristo, era una solida prova che lo Spirito di Dio era stato tolto. Avevano fatto il massimo per avvertire il mondo e sapevano che Dio li aveva benedetti. Sapevano che tale insegnamento era basato sulla roccia della verità eterna: la Parola di Dio. Quindi si rendevano anche conto che coloro i quali si opponevano accanitamente a tale opera combattevano contro Dio.

Mentre il tempo passava, si era diffuso tra tutti i credenti sinceri il sentimento generale di aver portato a termine la loro opera. Giorno per giorno, essi attendevano ancora, vegliavano e desideravano intensamente l’apparizione del Salvatore, non sapendo perché ritardasse. In quel tempo nessuno dava credito alle loro idee sull’avvento, né manifestava il minimo interesse ad ascoltarli: erano considerati dei fanatici perché, dopo la delusione, non avevano intenzione di abbandonare le loro convinzioni.

Il grande cambiamento, manifestatosi nello spirito quasi diabolico degli oppositori e nei propri sentimenti personali riguardo all’opera di salvezza delle anime, insieme con la forza di alcuni testi della Scrittura, li portò alla conclusione che la loro opera in favore del mondo era conclusa. Miller e altri credevano che la porta si sarebbe chiusa poco prima del ritorno di Cristo. In una lettera al pastore J. V. Himes, del 6 ottobre 1844, egli scrisse: “Ho la ferma opinione che il prossimo sarà l’ultimo giorno che il Signore concederà ai peccatori come tempo di prova. Entro dieci o quindici giorni da allora, essi vedranno colui che hanno odiato e disprezzato a loro vergogna ed eterno disonore”.

Questo era del tutto naturale alla luce di testi come: “Chi è ingiusto continui a praticare l’ingiustizia; chi è impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo si santifichi ancora. Ecco, sto per venire” (Apocalisse 22:11,12). Senza alcun dubbio il tempo di prova si sarebbe chiuso poco prima dell’apparizione di Gesù.

Quando il grido di mezzanotte finì e il tempo passò, [i credenti] sentirono l’ultima grande prova era raggiunta: a quel tempo era questo il sentimento più diffuso a livello collettivo. Il loro intenso impegno per le anime era terminato e lo spirito diabolico che li circondava rendeva tutto ancora più chiaro alle loro menti.

Dopo che la data stabilita fu trascorsa, Miller scrisse in un’altra lettera indirizzata al pastore Himes: “Abbiamo compiuto la nostra opera che consiste nell’avvertire i peccatori e nel cercare di risvegliare una chiesa formalista. Dio, nella sua provvidenza, ha chiuso la porta; noi possiamo solo incitarci reciprocamente a essere pazienti e diligenti per rendere sicura la nostra chiamata ed elezione. Stiamo ora vivendo nel tempo specificato da Malachia 3:18 (e anche da Daniele 12:10 e Apocalisse 22:10-12). Sulla base di questo testo, non possiamo fare a meno di vedere che poco prima che Cristo ritorni, ci sarà una separazione tra giusti e ingiusti, tra buoni e malvagi, tra quelli che amano la sua apparizione e quelli che la odiano. E mai, dai giorni degli apostoli, si è prodotta una linea di divisione come quella tracciata intorno al decimo o al ventitreesimo giorno del settimo mese giudaico. Da allora essi dicono che non hanno alcuna fiducia in noi. Da parte nostra abbiamo bisogno di pazienza dopo aver fatto il volere di Dio, affinché possiamo ricevere la promessa”.

In un’altra lettera, pubblicata sull’Advent Herald [Araldo dell’avvento], egli afferma: “Ho creduto, e devo confessare di crederlo ancora oggi, di aver compiuto la mia opera di avvertire i peccatori, e ciò è accaduto nel settimo mese”.

George Needham, altro importante ministro avventista, afferma in Voice of Truth [La voce della Verità], del 19 marzo 1845:

“Sono e rimango convinto, fin dal decimo giorno del settimo mese, che la nostra opera in favore del mondo e delle vergini stolte è compiuta. Non posso giungere a nessun’altra conclusione, altrimenti dovrei negare che quel glorioso movimento è opera di Dio. Ma questo non potrò mai farlo. Le vergini stolte si sono recate presso le vecchie istituzioni dove vendono olio e ci chiedono di seguirle, e il mondo è con loro per comprare una piccola quantità di olio, e noi dovremmo andare da loro con la speranza di far loro del bene? No, che non abbiamo a perire”.

J. B. Cook, altro avventista di spicco, scrive nell’Advent Testimony [Il testimone dell’avvento): “Se la causa dell’avvento e il suo popolo sono degni dell’intercessione divina o se è questa l’epoca in cui dobbiamo attendere il Signore, allora ci troviamo di fronte alla porta chiusa, secondo la rappresentazione della storia dell’avvento. Le parole che ho rivolto a molti sono state: ‘Io credo nella porta chiusa proprio come voi l’avete vissuta’”.

Abbiamo presentato questi brani scritti da avventisti influenti, nessuno dei quali era implicato in quello che noi chiamiamo il messaggio del terzo angelo. Potremmo citarne molti altri che insegnarono convinzioni simili e che ebbero un ruolo importante nel grande movimento del ‘44. Non c’è alcun dubbio che per mesi, dopo la data stabilita, aleggiò il sentimento generale che l’opera di avvertire il mondo era conclusa. Questo perché:

  1. Essi credevano che la proclamazione del messaggio, in passato, fosse un adempimento della profezia, un annuncio solenne che “l’ora del giudizio di Dio è venuta”, perché il Signore aveva benedetto in modo considerevole il movimento e quanti ne facevano parte. Essi non potevano dubitare che ciò fosse vero senza negare la propria fede.
  2. L’atteggiamento assunto da coloro che avevano respinto il messaggio era spiacevole e cattivo, simile a quello di chi aveva rifiutato Cristo; e ciò era, per i credenti sinceri, la prova chiara del rifiuto di una luce e di una verità importanti. Hanno ritenuto, pertanto, che Dio li avesse respinti.
  3. La loro posizione e i loro sentimenti rendevano la questione ancora più chiara. Il loro spirito aveva sopportato un pesante fardello in favore di ogni genere di persone: si erano dati da fare incessantemente per avvertirle e salvarle, dando fondo a tutte le loro risorse in modo generoso, disposti a fare ogni sacrificio. Sentivano che era lo Spirito di Dio a spingerli. Ma ora ciò che provavano era del tutto diverso. L’impegno era passato e ritenevano di aver portato a termine il loro compito. Inoltre, non c’era più nessuno che desiderasse la loro opera. In tali circostanze, era così strano avere la sensazione che “la porta fosse chiusa”, così come la Parola di Dio aveva detto che sarebbe accaduto in un determinato momento? Che cosa avrebbero potuto provare, altrimenti, senza gettar via tutta la loro meravigliosa esperienza?

Mentre i mesi passavano, dopo la data stabilita, i credenti iniziarono a dubitare e ad abbandonare le loro esperienze passate. Uomini di rilievo, come George Storrs, fecero esattamente così e, in sei mesi, un gran numero di loro fu preda del turbamento. I capi del movimento iniziarono a guardarsi attorno alla ricerca di nuove basi alle quali affidarsi: invece di attendere con pazienza e di ricercare la vera luce nella spiegazione biblica del santuario celeste e del messaggio del terzo angelo, dimostrarono la mancanza di vera fede sconvolgendo i punti di riferimento della vecchia concezione dell’avvento e abbandonando il grande movimento perché caratterizzato da fanatismo. La vera fede si mostra sempre in tempi di oscurità e persecuzione, di incertezza e impopolarità. Per molti di loro si manifestò una grande carenza, come poi i fatti dimostrarono e, senza dubbio, fu per tale ragione che Dio permise che vivessero questa esperienza.

Per sei anni di seguito alcuni avventisti spostarono la data del compimento dei 2.300 giorni di Daniele 8. Ne risultarono delusione e confusione tra di loro. Ma i credenti veri e fedeli non presero parte a quest’opera così insensata. Molti fra i vecchi operai cominciarono a parlare di uscire allo scoperto per “risvegliare le chiese sonnecchianti” che avevano respinto la luce. Ma i risultati non furono incoraggianti. Nel 1843 e nel 1844, sonori appelli si erano levati per spingere ad abbandonare l’opera di Dio perché sbagliata, perché manifestazione di mesmerismo e così via.

Il 29 aprile del 1845 ci fu un grande incontro degli avventisti ad Albany, nello stato di New York. Erano presenti operai importanti e oltre cinquanta predicatori. Furono predisposti dei piani per tornare al lavoro, come avevano fatto prima della data stabilita. Si diede libero corso a forti espressioni sul grande movimento del passato. Fu riferita da parte dei presenti la seguente dichiarazione del pastore J. V. Himes: “Il movimento del settimo mese produsse un mesmerismo profondo sette piedi”. Quello che loro stessi avevano riconosciuto in passato come opera dello Spirito di Dio che li spingeva al lavoro e al sacrificio per la sua causa; quello che aveva prodotto un’esperienza ricca di solennità e di profondità inusuali nei secoli trascorsi, era ora denunciato come mesmerismo.

Da allora la grande massa della collettività avventista cominciò a perdere la propria forza. In mezzo a essa penetrò una gran confusione. Azzannarsi e divorarsi l’un l’altro fu all’ordine del giorno e, presto, quel vasto corpo di oltre 50.000 avventisti, uscito dalle chiese popolari al grido di “caduta è Babilonia”, cominciò a disintegrarsi, spaccandosi in tante divisioni e andando in pezzi, a poco a poco, fino a perdere la capacità di spronare le persone a credere nel ritorno di Cristo. Come le vergini stolte, persero l’olio – lo Spirito di Dio – e presero posizione contro l’attività di proclamazione dell’avvento svolta in passato, il sabato e la vera opera di Dio; la loro condotta fu molto triste e scoraggiante.

Ma vi erano, disseminate qua e là, persone oneste che non volevano e non potevano seguire questa linea di condotta. Esse continuavano a pregare per essere illuminate, si tenevano strette ai pilastri della fede e credevano che Dio avrebbe aperto la via davanti a loro. Di questa esperienza parlerò più avanti. (G. I. B.)