Guida profetica per i milleriti delusi (1827-1850)

«Mentre pregavo durante il culto di famiglia, lo Spirito Santo scese su me e mi sembrò di essere sollevata, sempre più in alto, lontana, oltre un mondo di tenebre. Mi voltai a cercare gli avventisti ma non li trovai fino a quando una voce mi disse: “Guarda di nuovo e più in alto”. Allora sollevai lo sguardo e vidi un sentiero scosceso e stretto snodarsi al di sopra della terra. Per questo sentiero gli avventisti marciavano verso la Città che era all’estremità più lontana del cammino» (EW 14). Chi era questa giovane visionaria?

Queste parole ricordano la prima visione che la diciassettenne Ellen G. Harmon ebbe all’età di 17 anni, nel dicembre del 1844.

Ellen e la sorella gemella – le ultime di otto figli nacquero a Gorham, Maine, il 26 novembre 1827. Il padre confezionava e vendeva cappelli. Pochi anni dopo si trasferì con la famiglia a Portland, sempre nel Maine. Proprio a Portland, all’età di nove anni, Ellen subì un incidente che segnò profondamente la sua vita. Colpita in pieno viso da un sasso lanciato da una coetanea, stette tra

la vita e la morte per alcune settimane. Sopravvisse, ma quell’incidente le lasciò poca salute tanto da non poter proseguire la scuola, nonostante lo volesse con tutte le sue forze. La scarsa salute l’affliggerà per gran parte della sua vita.

La sua malattia, però, non bloccherà la sua istruzione. In molte occasioni la sua autobiografia rivela una giovane dalla natura tanto sensibile quanto desiderosa di apprendere. La sua sensibilità emerge non solo nelle relazioni con gli altri, ma anche con Dio. Infatti, anche da una superficiale lettura della sua autobiografia, si comprende come fin dalle prime memorie la sua ricerca religiosa fosse intensa e profonda.

La giovane Ellen era traumatizzata dal pensiero che Gesù potesse ritornare entro qualche anno. Era entrata in contatto con quell’insegnamento per la prima volta all’età di otto anni leggendo un ritaglio di giornale trovato per strada, ritornando da scuola, e sul quale era scritto che Gesù sarebbe ritornato entro pochi anni. Ella scrisse più tardi: «Fui colta dal terrore, dormii poco per diverse settimane, pregando continuamente per essere pronta quando Gesù sarebbe ritornato» (LS 20,21).

Questi sentimenti si intensificarono nel marzo del 1840 quando udì per la prima volta William Miller predicare a Portland che Gesù sarebbe ritornato nel 1843. Anche Ellen temeva il secondo ritorno di Cristo per alcuni motivi: c’era in lei un forte senso di indegnità.

«C’era nel mio cuore – ella scrisse -il sentimento di non essere degna di essere chiamata figlia di Dio…

Mi sembrava di non essere buona abbastanza per poter entrare nel cielo» (LS 21).

A questi sentimenti di indegnità si aggiungeva la credenza nell’eterno inferno di fuoco. A causa dei suoi peccati, temeva che avrebbe raggiunto le fiamme dell’inferno, eterno quanto l’esistenza di Dio stesso. I timori non riguardavano solo la sua eventuale sorte, ma l’idea di una punizione eterna le provocava forti turbe teologiche.

Per anni Ellen lottò contro questi pensieri. I suoi problemi derivavano da due false credenze:

primo che dovesse essere buona, perfino perfetta, perché Iddio potesse accettarla; secondo, che per considerarsi salvata, avrebbe dovuto vivere un’esperienza di estasi spirituale.

I dubbi cominciarono a dissiparsi nell’estate del 1841 quando partecipò al camp-meeting metodista di Buxton, nel Maine. Udì in quell’occasione un sermone secondo cui tutte le proprie opere e i propri sforzi sarebbero stati inutili per guadagnarsi il favore di Dio. Si rese conto quindi che solo nell’unione con Cristo attraverso la fede che il peccatore, ripieno di speranza, diviene un credente figlio di Dio. Da quel momento ricercò seriamente il perdono di Dio per i suoi peccati, consacrandosi interamente al Signore.

Ma tutto sembrava troppo bello per essere vero. Cercò così di riassumere il carico di angoscia e di colpa che l’aveva accompagnata, scrivendo: «Mi sembrava di non aver diritto di sentirmi gioiosa e felice» (LS 23). Solo gradualmente ella comprese la meravigliosa pienezza della grazia redentrice

di Cristo. Poco dopo essere ritornata dal camp-meeting, Ellen fu battezzata per immersione e associata alla Chiesa Metodista. Rifiutando gli argomenti dei membri di quella chiesa, che rigettavano il battesimo per immersione, ella lo scelse nella convinzione che l’immersione fosse l’unico modo biblico per essere battezzati.

Nonostante le nuove convinzioni, si sentiva ancora spesso tormentata da dubbi perché non sempre provava quei sentimenti estatici che pensava fossero necessari per essere veramente salvata. Di conseguenza, continuava a temere di non essere perfetta per poter incontrare il Salvatore al suo ritorno.

In quel periodo William Miller ritornò a Portland per una serie di conferenze nel giugno del 1842.

 

L’esperienza di Ellen G. White nel movimento millerita

Miller predicava che Gesù sarebbe ritornato intorno al 1843. Gran parte delle motivazioni nel sostenere quella data venivano dalla sua comprensione di Daniele 8:14: «… fino a 2.300 sere e mattine, poi il santuario sarà purificato». Miller identificava il santuario con la terra e la chiesa, la sua purificazione sarebbe avvenuta con il fuoco della seconda venuta di Gesù, e la fine dei 2.300 giorni coincideva con il momento in cui il fuoco avrebbe purificato la terra. Al pari di molti altri interpreti, egli predisse che la profezia dei 2.300 giorni profetici si sarebbe realizzata tra il 1840 e il 1843. Miller insegnava che Gesù sarebbe apparso in quel tempo. Via via che la data si avvicinava, decine di migliaia di persone accettarono il suo insegnamento.

Ellen Harmon fu una di queste, anche se i suoi antichi timori di non essere abbastanza buona continuavano a turbarla. E poi c’era ancora il pensiero dell’inferno eterno a disturbarla.

Mentre continuava a dibattersi con quei problemi, sua madre le suggerì di chiedere consiglio a Levi Stockman, un pastore metodista che aveva accettato il millerismo. Stockman riuscì a risollevare il morale di Ellen parlandole dell’amore di Dio per i suoi figli peccatori, il quale non gioisce della loro distruzione, ma al contrario li attira a sé nella fede e nella verità. Inoltre, insistette molto a parlare del grande amore di Dio e del piano della redenzione.

«Va’ libera Ellen – egli le disse -ritorna a casa, fiduciosa in Gesù; Egli non nega il suo amore a chi lo cerca sinceramente» (LS 36,37).

Quell’incontro costituì una pietra miliare nella vita di Ellen. Da quel momento, guardò a Dio come a un padre tenero e gentile, piuttosto che a un tiranno inesorabile che vuole costringere l’uomo a una cieca ubbidienza. Il suo cuore si volse a lui in un profondo e fervente amore. L’ubbidienza alla sua volontà le sembrò una gioia; era un piacere essere al suo servizio (LS 39).

In quel tempo, Ellen maturò anche una nuova convinzione sullo stato dei morti. Le sue conclusioni in materia furono sostanzialmente tre:

  1. L’anima non è naturalmente immortale.
  2. La morte è un sonno nella tomba fino alla risurrezione che avverrà al ritorno di Cristo.
  3. «La Bibbia non ci dà nessuna prova che esista un inferno eterno» (LS 49).

Queste intuizioni recarono grande sollievo alla mente e al cuore della giovane Ellen. Dopotutto, ella si disse, «se alla morte l’anima accede alla felicità o alla perdizione eterna, quale sarebbe la necessità del-la resurrezione del povero disprezzato corpo?» (LS 49,50). La nuova convinzione sull’immortalità condizionata non solo l’aiutò a dare maggiore senso all’insegnamento biblico a proposito della resurrezione, ma anche la liberò dal concetto di un Dio inesorabile, capace di torturare le persone durante l’eternità. Ella spiegò più tardi che «quell’insegnamento sui tormenti eterni ha prodotto migliaia, se non addirittura milioni, di scettici e increduli. No, non è questo l’insegnamento del Libro di Dio» (Gc 536).

La sua scoperta di un Dio tenero genitore le dette energia per approfondire la novità della seconda venuta e fare in modo che altri potessero prepararsi per il gioioso evento. Inoltre, in contrasto con la sua natura timida, cominciò a pregare in pubblico, a condividere con altri, nei gruppi di studio metodisti, la sua fiducia nel sapiente potere di Gesù e nel suo prossimo ritorno, e anche a guadagnare del denaro per comperare materiale da diffondere sulla dottrina dell’avvento. Quest’ultima attività le costò molto. A causa della sua salute precaria dovette usare il proprio letto dove sferruzzava calze che le permettevano di racimolare 25 centesimi di dollaro al giorno.

Le sue convinzioni raggiungevano una serietà estrema e implicavano ogni aspetto della sua vita tanto che riuscì a coinvolgere molti giovani amici nella fede in Gesù.

Ellen non fu sola nella verità avventista predicata da Miller, la seguirono anche i genitori e i fratelli. Ma la loro chiesa, in cui si insegnava che il Cristo sarebbe venuto dopo un millennio di prosperità e di pace, non apprezzava la dottrina del prossimo ritorno di Cristo, tanto che nel settembre del 1843 la famiglia Harmon fu espulsa dalla Chiesa Metodista. La loro esperienza rifletteva quella di molti altri milleriti avventisti che non volevano rimanere insensibili alla prospettiva del ritorno di Cristo nel prossimo futuro. Il conflitto si aggravava sempre di più via via che la data predetta si avvicinava.

Ma i milleriti avventisti non erano molto preoccupati di venire espulsi dalle varie denominazioni. Dopo tutto, Gesù sarebbe arrivato entro pochi mesi, e tutti i loro tormenti sarebbero finiti. Con quella speranza nel cuore, continuarono a incontrarsi e a incoraggiarsi a mano a mano che il tempo predetto si avvicinava. Come Ellen raccontò in seguito, gli anni 1843 e 1844 videro gli avventisti nell’attesa dell’incontro con Gesù faccia a faccia.

Negli ultimi mesi, gli avventisti, dopo uno studio dell’anno festivo giudaico, si convinsero che la purificazione del santuario (che credevano fosse la seconda venuta di Gesù) sarebbe avvenuta il 22 ottobre 1844. Ma quella data passò senza che Gesù ritornasse. Ecco cosa scrisse Hiram Edson:

«Le nostre fondate speranze e attese furono distrutte, e ci colse una voglia di piangere, di cui mai avevamo fatto esperienza… E piangemmo, piangemmo fino all’alba» (manoscritto di Edson). L’ottobre del 1844 creò un grande caos nelle file avventiste. È quasi impossibile avere un’idea della confusione che seguì. Molti persero la speranza nel secondo avvento. Ma tra quelli che

conservarono la loro convinzione trovò fertile terreno ogni tipo di teoria. Se in generale tutti credevano ancora alla prossimità del secondo avvento, erano però forte-mente divisi su ciò che realmente fosse avvenuto 22 ottobre 1844.

Alcuni continuarono a credere che qualcosa fosse successo, ma verso la fine di novembre o ai primi dicembre la maggior parte giunse alla conclusione essersi sbagliati proprio sulla data. Anche Ellen apparteneva a quest’ultimo gruppo: non era più convinta che la profezia di Daniele 8:14 si fosse adempiuta in ottobre. Fu proprio durante questa situazione che ella fece l’esperienza della sua prima visione.

 

La chiamata al ministero profetico

Nel dicembre del 1844 Ellen Harmon stava pregando con altre quattro donne nella casa della signora Haines di Portland. «Mentre stavamo pregando – ella an-nota – il potere di Dio scese su di me come mai era accaduto prima» (LS 64).

«Mentre pregavo durante il culto di famiglia, lo Spirito Santo scese su me e mi sembrò di essere sollevata, sempre più in alto, lontana, oltre un mondo di tenebre. Mi voltai a cercare gli avventisti ma non li trovai fino a quando una voce mi disse: “Guarda di nuovo e più in alto”. Allora sollevai lo sguardo e vidi un sentiero scosceso e stretto snodarsi al di sopra della terra. Per questo sentiero gli avventisti marciavano verso Città che era all’estremità più lontana del cammino. Dietro a loro, all’inizio del sentiero, c’era una luce splendente: l’Angelo mi disse che era il grido di mezzanotte (la predicazione del 22 ottobre come adempimento di Daniele 8:14).

Quella luce illuminava tutto il sentiero e rischiarava i loro passi perché non inciampassero. Se tenevano lo sguardo su Gesù che camminava davanti a loro per guidarli verso la città non correvano alcun pericolo. Ma dopo poco alcuni si sentirono stanchi e dissero che la città era ancora molto lontana e che avevano creduto di poterla raggiungere molto prima. Allora Gesù li incoraggiò… Altri però rifiutarono sconsideratamente quella luce, dicendo che non era stato Dio a condurli così lontano. Allora la luce che stava dietro si spense, lasciandoli nel buio pi profondo; inciamparono, persero di vista la meta e sprofondarono nel mondo buio e malvagio» (EW 14,15). L’intento della visione fu ovviamente quello di incoraggiare i milleriti delusi, offrendo loro rassicurazione e conforto. In modo ancora più specifico, la visione fornì diverse istruzioni. In primo luogo, confermò che il movimento del 22 ottobre non era stato un errore, ma una testimonianza dell’adempimento della profezia. Infatti, nella visione, la profezia era rappresentata da una luce splendente dietro di loro per aiutare gli avventisti delusi a sopportare la loro responsabilità e a guidarli per il futuro. In secondo luogo, Gesù voleva continuare a condurli, ma essi dovevano fissare i loro sguardi su di lui. Questi sono infatti i due punti salienti su cui gli avventisti possono contare: la data del 22 ottobre per il passato e la guida di Gesù per il futuro. In terzo luogo, la visione sembrerebbe indicare che passerà ancora del tempo prima che Gesù ritorni. Quarto, che sarebbe stato un grave errore rinnegare la passata esperienza e arrivare a pensare che non venisse da Dio. Tutti coloro che avrebbero fatto quell’errore sarebbero stati preda delle tenebre spirituali, perdendosi per strada.

La visione quindi offrì un certo numero di lezioni positive. Ma, attenzione, è necessario sottolineare che non rivelò cosa veramente avvenne il 22 ottobre 1844. Quella verità diverrà chiara attraverso lo studio della Bibbia, come vedremo successivamente. Piuttosto che fornire specifiche spiegazioni, la prima visione che Ellen ebbe, illuminò il fatto che Dio stava ancora guidando il suo popolo nonostante fosse confuso e deluso. Essa fu il primo segno della sua cura e guida profetica attraverso Ellen Harmon.

Circa una settimana più tardi Ellen ebbe una seconda visione tramite la quale le fu detto di comunicare agli altri quello che le era stato rivelato. Le fu anche detto che avrebbe incontrato forti opposizioni. Ella resistette al suo dovere. Dopo tutto, si diceva, godeva di pessima salute, aveva solo 17 anni, ed era naturalmente timida. «Per tanti giorni – spiegò più tardi – pregai che questa responsabilità mi fosse tolta e trasmessa a qualcuno che fosse capace di portarla. Ma il messaggio non cambiò, e le parole dell’angelo risuonavano costantemente nelle mie orecchie: “fai conoscere agli altri quello che io ti ho rivelato”» (LS 69). Si convinse, tuttavia, che era meglio morire piuttosto che portare quel grave peso. Aveva di nuovo perso la pace acquisita con la conversione, e ancora una volta sprofondò nell’angoscia.

Non ci sorprende la difficoltà di Ellen Harmon ad assumersi quella pubblica responsabilità. Dopo tutto, la gente scherniva apertamente i milleriti, ed essi, a loro volta, si dibattevano tra gravi errori dottrinali e fanatismi. Inoltre, il dono profetico era particolarmente sospetto in quel tempo sia nella società sia tra i milleriti avventisti.

Nell’estate del 1844 morì Joseph Smith, il profeta dei mormoni; mentre negli ultimi mesi del 1844 e nei primi del 1845 sorsero numerosi avventisti: personaggi discutibili che si professavano profeti e che operavano soprattutto nel Maine. Nella primavera del 1845 la maggior parte degli avventisti

prese una risoluzione secondo la quale si esprimeva sfiducia in nuovi messaggi, visioni, sogni, lingue, miracoli, doni straordinari, rivelazioni… (MW 15 maggio 1845).

In quel clima non sorprende che la giovane Ellen Harmon cercasse di evitare di rispondere positivamente alla chiamata profetica. Ma nonostante i suoi timori, ella iniziò la sua avventura presentando agli avventisti confusi i confortanti consigli di Dio. Uno sguardo anche veloce alle sue numerose dichiarazioni autobiografiche rivelano quanta opposizione personale e quanto fanatismo abbia incontrato nel suo ministero.

Avendo una personalità mite, la sua naturale reazione fu di addolcire i messaggi e di renderli il più possibile accettabili per coloro cui erano rivolti, e ciò accadde fin dalle prime visioni. Ma ben presto capì che agendo in quel modo avrebbe indebolito il messaggio di Dio. In rapporto a questo ebbe presto una visione in cui tutti coloro a cui aveva comunicato non fedelmente dei messaggi vennero a lei, e il loro volto… era una vera immagine di disperazione e di orrore. «Costoro mi vennero vicino -ella scrive – e mi sfiorarono con i loro abiti. Allora guardai i miei e vidi che erano macchiati di sangue». Come accadde a Ezechiele nei primi tempi della sua missione, anche Ellen Harmon imparò in visione che sarebbe stata considerata responsabile se non fosse stata fedele nel comunicare il messaggio di Dio al suo popolo (5T 656,657).

Come risultato di queste e altre esperienze, Ellen cominciò a viaggiare più intensamente per andare a presentare i suoi messaggi con l’intento di riunire sia i milleriti che altre persone. Ma cominciarono a sorgere dei problemi. Ellen non poteva viaggiare sola: suo fratello Robert era troppo malato per accompagnarla, e suo padre aveva una famiglia da mantenere.

La soluzione del problema arrivò da un giovane millerita, predicatore della chiesa «Christian Connection», il cui nome era James White.

Per un certo tempo James e un’amica comune accompagnarono Ellen ai vari incontri. Ma quella soluzione lasciava James e Ellen esposti alla critica. La risposta alla situazione fu il matrimonio, nonostante la maggior parte dei milleriti vedessero in quel momento nel matrimonio un rinnegamento della fede nell’immediato ritorno di Cristo. In verità, formarsi una famiglia suggeriva l’idea che la vita su questa terra sarebbe continuata. Nonostante le critiche, Ellen Harmon e James White si sposarono a Portland il 30 agosto 1846.

Successivamente viaggiare divenne più facile, anche se, ovviamente, sorsero altri problemi. Ridivenne difficile soprattutto con la nascita dei loro primi due bambini: Henry nell’agosto 1847 e James Hedson nel luglio 1849. I primi anni furono tempi di grande povertà e di incessante viaggiare durante i quali gli White predicarono e presentarono il messaggio di Dio ai milleriti avventisti, confusi e dispersi. La sola cosa che sostenne la giovane coppia fu la speranza nel prossimo ritorno di Gesù e la convinzione che Ellen avesse una parola da parte di Dio da comunicare al popolo dell’avvento.

In quel tempo l’idea di una speciale comunità dell’avvento cominciò a prendere forma. Si profilava la nascita di un popolo raccolto intorno a un certo numero di dottrine che affondavano le radici nell’esperienza millerita. Queste dottrine e il ruolo che ebbe Ellen White nella loro formazione saranno importanti soggetti di studio di questo libro.

 

Ruolo nello sviluppo della dottrina avventista sul sabato

Forse la comprensione più chiara che possiamo raggiungere del ruolo che Ellen White ebbe nello sviluppo della dottrina avventista sul sabato (gli avventisti sabatisti si organizzarono in Chiesa Avventista del Settimo Giorno tra il 1861 e il 1863) consiste nel fatto che le sue prime visioni quasi sempre confermavano posizioni dottrinali che altri avevano acquisito attraverso un intenso studio della Bibbia.

Di conseguenza, possiamo meglio comprendere il suo ruolo nella formazione della dottrina, come orientato a confermarla piuttosto che a fondarla, anche se questa generalizzazione sulle dottrine non è sempre vera in rapporto allo stile di vita. Come vedremo meglio nel prossimo capitolo, a volte Ellen White ebbe una parte più importante nello sviluppo dello stile di vita avventista piuttosto che nella formazione delle dottrine.

La comprensione dottrinale primaria intorno a cui il gruppo avventista sabatista si formò può riassumersi nel fatto che il 22 ottobre 1844 era davvero avvenuto qualcosa di importante. La prima visione di Ellen, nel dicembre del 1844, lo confermò, ma senza spiegare che cosa in realtà fosse successo. I primi barlumi di comprensione in quella direzione vennero da un’intuizione che

Hiram Edson (un agricoltore metodista di Port Gibson, New York) aveva avuto il 23 ottobre. Qualche anno più tardi questi si sarebbe ricordato che in quella data per la prima volta comprese che «il nostro Sommo Sacerdote (Gesù), invece di uscire dal Luogo Santissimo del Santuario celeste per venire su questa terra, il decimo giorno del settimo mese, alla fine dei 2300 giorni (22 ottobre 1844), in quel giorno entrò per la prima volta nella seconda stanza del Santuario; e che qui, nel Santissimo, aveva un’opera da compiere prima di venire su questa terra»

(Manoscritto Edson).

L’intuizione di Edson condusse lui, O. Crosier e il dottor F. Hahn ad approfondire le ricerche bibliche sul tema. Scoprirono che il santuario, che doveva essere purificato in Daniele 8:14, non era la terra ma il santuario celeste dell’epistola agli Ebrei. Arrivarono anche alla conclusione che il ministero celeste del Cristo si sviluppasse in due fasi: la prima era iniziata nel luogo santo alla sua ascensione, mentre la seconda era iniziata il 22 ottobre 1844 quando il Cristo era passato dalla prima stanza del santuario celeste alla seconda per iniziare l’antitipico celeste giorno delle espiazioni: Cristo non sarebbe ritornato sulla terra fino a quando non avesse completato qui il suo ministero.

Edson, Hahn e Crosier raggiunsero le loro conclusioni indipendentemente da ogni contatto con Ellen Harmon. Crosier infine pubblicò i risultati delle loro ricerche con il titolo The Law of Moses sul “Day- Star Extra”, il 7 febbraio 1846. Un anno più tardi Ellen scrisse una lettera a Eli Curtis sottolineando che il Signore le aveva mostrato in visione «che il fratello Crosier aveva la vera luce sulla purificazione del Santuario… e che era volontà di Dio che il fratello Crosier rendesse noto il punto di vista che aveva espresso sul Day-Star Extra» (WLF 12). Ellen White raccomandò l’“Extra” a ogni credente avventista.

Nel frattempo, verso la metà di febbraio del 1845, Ellen aveva ricevuto un’altra visione che sottolineava lo svolgersi del ministero di Cristo nei due appartamenti del santuario e il mutamento che era avvenuto in quel ministero nel 1844, ma senza i particolari colti da Croiser e dai suoi colleghi con lo studio della Bibbia. Ellen non rese pubblica la visione fino al 14 marzo 1846, un mese dopo l’articolo di Crosier. Quindi le visioni di Ellen White svolsero una funzione di conferma nello sviluppo della dottrina del santuario. Lo studio della Bibbia aveva fornito i contenuti basilari nello sviluppo della comprensione avventista dell’argomento.

 

Il compito di Ellen White fu di rafforzare la convinzione che il loro studio della Bibbia era orientato nella giusta direzione. Ma il suo ruolo nella formazione della dottrina avventista sabatista non fu sempre chiaro agli occhi dei suoi oppositori. Uno di questi fu Miles Grant (un responsabile della denominazione Cristiana Avventista, un altro gruppo millerita) il quale nel 1847 fu capace di scrivere che «gli Avventisti del Settimo Giorno sostengono che il Santuario che deve essere purificato alla fine dei 1.300 (2.300) giorni menzionati in Daniele 8:13,14, è in cielo, e che la sua purificazione è cominciata nell’autunno del 1844. Se qualcuno si dovesse chiedere perché essi credono questo, la risposta sarebbe che l’informazione provenne da una delle visioni di E. G. White».

In replica, Uriah Smith (direttore del periodico più importante degli Avventisti del Settimo Giorno, la “Review and Herald”) osservò che «centinaia di articoli sono stati scritti sull’argomento. Ma in nessuno di essi, neppure una sola volta, le visioni erano state citate come autorità in merito, o come la sorgente da cui era derivata una qualche concezione… I riferimenti riguardano invariabilmente la Bibbia che contiene abbondanti prove per la comprensione che abbiamo di questo argomento» (RH, 22 dicembre, 1847).

Noi siamo in grado, naturalmente, di verificare l’accuratezza della risposta di Smith poiché i documenti esistono ancora. Paul Gordon ha intrapreso una ricerca in questo senso e l’ha pubblicata sotto il titolo The Sanctuary, 1844, and the Pioneers (“Review and Herald” Pub. Assn., 1983). Smith, come Gordon ha dimostrato, aveva davvero ragione.

Sfortunatamente la storia ci ricorda che alcuni avventisti moderni considerano Ellen White un’autorità dottrinale molto più importante di quanto lo fosse per i fondatori del movimento.

Numerose sono le ragioni per cui era così. Primo, la sua accettazione nel movimento fu graduale; le persone arrivarono lentamente a comprendere che el-la dava consigli pertinenti sia agli individui sia all’intero movimento. Secondo, e ancora più importante, i primi leader avventisti erano il popolo della Bibbia. Era il principio che li aveva guidati nel millerismo e quell’orientamento rimase il centro del millerismo avventista che si sviluppò nell’avventismo sabatista. Ellen stessa fu in totale armonia con questa posizione bibbiocentrica. Vedremo, nell’ultimo capitolo di questo

volume, come sempre ponesse la Bibbia al centro dell’autorità nella vita cristiana, come la esaltasse, e come i suoi scritti fossero uno stimolo per indurre le persone a ritornare alla Bibbia. Quanto abbiamo detto di Ellen White e della sua conferma nello sviluppo della dottrina del santuario sarà anche vero per il sabato come settimo giorno.

A causa dell’influsso che esercitarono i battisti del settimo giorno sugli avventisti, il sabato era divenuto un tema di discussione tra i pochi milleriti avventisti ancora prima della delusione per il mancato ritorno di Cristo nell’ottobre del 1844. Il primo tra i fondatori del movimento avventista sabatista ad approfondire questa dottrina con lo studio della Bibbia e ad accettarla fu Joseph Bates. Egli accettò il sabato agli inizi del 1845 e successivamente lo condivise con Crosier, Hahn e Edson. Almeno due di loro accettarono la nuova scoperta biblica. Ben presto condivisero con Bates i frutti dei loro studi sul santuario celeste che egli prontamente accettò. Bates, più tardi, presentò la sua nuova concezione sul sabato a James White e a Ellen Harmon. La loro prima reazione fu negativa, ma dopo un approfondito studio della Bibbia, Ellen e il marito, nell’autunno del 1846, cominciarono a osservare il sabato biblico, a insegnarlo e a difenderlo (IT 75).

Solo più tardi, nell’aprile del 1847, ella ebbe una visione che confermò l’importanza del «sabato settimo giorno». Come risultato scrisse: «Ho creduto nella verità del sabato prima ancora di avere visto qualcosa in visione. Diversi mesi dopo da quando avevo cominciato a osservare il sabato mi furono mostrati la sua importanza e il suo posto nel messaggio del terzo angelo» (8MR 238). Proprio in quel tempo, Bates pubblicò per esteso le conclusioni delle sue ricerche che, non solo chiarirono l’importanza del sabato, ma lo integrarono nella comprensione biblica del ritorno di Cristo, del santuario celeste e dei messaggi dei tre angeli di Apocalisse 14.

Lo stesso ruolo di conferma delle visioni di Ellen White risulta evidente per due insegnamenti centrali degli avventisti sabatisti che differivano dall’insegnamento delle chiese maggiori: il pre- millenniale ritorno di Cristo e la non immortalità dell’anima. Come abbiamo già visto, i due insegnamenti erano presenti prima che il ministero profetico di Ellen avesse avuto inizio. I primi avventisti del settimo giorno erano veramente il popolo della Bibbia.

Questo non significa che le visioni fossero la mera fotocopia di ciò che ognuno già credeva, ma che le dottrine centrali che gli avventisti svilupparono avevano il loro fondamento nello studio della Bibbia più che nelle visioni di Ellen White. Le visioni aiutarono i primi sabatisti a evitare di cadere in numerose trap-pole. Una di queste fu il rinnegamento dell’adempimento della profezia nell’ottobre del 1844. Come già sottolineato, la prima visione di Ellen White indicava l’adempimento della profezia pur senza spiegarne il significato. Come risultato, lei per prima, e poi altri a Portland, nel Maine, ritennero necessario riconsiderare l’interpretazione millerita di Daniele 8:14.

Un’altra trappola che le visioni permisero di evitare fu la considerazione del tempo. Il movimento millerita si era parzialmente basato sulla possibilità, attraverso lo studio della Bibbia, di poter prevedere approssimativamente il tempo del ritorno di Cristo. Quella convinzione divenne sempre più predominante durante l’estate del 1844, per cui un certo numero di milleriti arrivò a stabilire che l’adempimento della purificazione del santuario di Daniele 8:14 sarebbe avvenuta il 22 ottobre. Era naturale, quindi, che gli avventisti delusi continuassero a fare calcoli sul tempo dell’apparizione del Cristo dopo l’ottobre del 1844. Fu così che Ellen, James White e molti altri arrivarono a credere che Gesù sarebbe ritornato nell’ottobre del 1845. Ma James scrive che, prima di quella data, Ellen «vide in visione che noi saremo rimasti delusi e i credenti avrebbero dovuto in futuro passare attraverso “la distretta di Giacobbe”. L’idea della distretta di Giacobbe era del tutto nuova per noi come lo era per lei stessa» (WLF 22). Di fatto, quella visione salvò molti sabatisti da una nuova delusione; e invece afflisse molti gruppi avventisti tra il 1840 e il 1860, rafforzando le implicazioni della sua prima visione che considerava l’avvento più lontano nel tempo.

Inoltre, le visioni produssero molto più di una semplice conferma delle dottrine ormai condivise: esse fornirono una guida allo sviluppo degli avventisti sabatisti sia nei momenti di grande successo, sia nel disorientamento e nella confusione del disastro potenziale a cui furono esposti alla fine del 1844. Forse l’idea più chiara della relazione tra Ellen White e la formazione delle dottrine avventiste sabatiste si trova nella seguente dichiarazione: «Molti tra noi non si rendono conto di come siano state stabilite saldamente le fondamenta della nostra fede. Mio marito, l’anziano Joseph Bates, il padre Pierce, l’anziano Hiram Edson, e altri che erano persone intelligenti, nobili e veraci, furono tra coloro che, passato il tempo del 1844, cercarono la verità come si cerca un tesoro nascosto».

Ellen sottolineò che la sua comprensione delle Scritture rimase oscura per circa due o tre anni. In quel periodo le posizioni dottrinali dei sabatisti vennero elaborate ed essi si considerarono pronti a diffondere il messaggio attraverso le conferenze bibliche e la pubblicazione di un periodico. Ma prima di trattare questo soggetto, è necessario dare un rapido sguardo alla relazione tra il dono di Ellen White e la Bibbia, ed esaminare le prime reazioni suscitate dalla sua opera.

Il dono profetico di Ellen G. White e la Bibbia

I primi avventisti sabatisti ritenevano che la Bibbia insegnasse che i doni spirituali, incluso quello profetico, sarebbero esistiti nella chiesa fino al secondo avvento.

Uriah Smith fornì ai primi avventisti un’illustrazione che faceva simpaticamente il punto della situazione: «Supponete che si stia partendo per un viaggio. Il proprietario della nave ci dà il libro di bordo dicendo che esso contiene informazioni sufficienti per l’intera giornata che, se saranno seguite fedelmente, permetteranno di raggiungere sani e salvi la destinazione. Una volta salpati, apriamo il libro per apprenderne i contenuti e scopriamo che l’autore offre i principi generali per guidarci nel viaggio, ci informa nel modo più completo possibile, evidenziando tutte le possibili situazioni che potremmo incontrare, ma afferma anche che l’ultima parte della giornata sarà particolarmente pericolosa per via della possibilità di tempeste e che la natura della costa cambierà per la presenza di secche… ma che per quella parte del viaggio ha provvisto per noi un timoniere che incontreremo lungo il percorso e che ci guiderà nel momento più difficile del viaggio. Con questi avvertimenti giungiamo al punto pericoloso e il timoniere promesso appare. Ma alcuni, quando egli offre il suo aiuto, gli si levano contro. “Noi abbiamo il libro di bordo originale e ci basta. Noi vogliamo quello e quello solo; non vogliamo nulla da te”. Chi rispetta il libro di bordo?

Coloro che rigettano il timoniere o quelli che lo accolgono come indica il libro? Giudicate voi.

Ma a questo punto alcuni possono obiettare: “Intendete dire che dovremmo prendere la sorella White come nostro pilota? Non è così?” Non diciamo questo, ma affermiamo chiaramente che i doni dello Spirito sono dati come dei timonieri in questi tempi difficili e che perciò in chiunque troviamo una loro genuina manifestazione, dobbiamo limitarci a rispettarli; non possiamo fare altrimenti se non vogliamo rigettare la Parola di Dio che comanda di riceverli» (RH, 13 gennaio, 1863).

Tra i testi che i primi avventisti sabatisti utilizzarono per illustrare che la manifestazione del dono di profezia sarebbe stata possibile fino al secondo avvento c’erano 1 Cor. 12:8-10,28 ed Ef. 4:11-13. Erano particolarmente impressionati da Gioele 2:28-32, che indicava come negli ultimi giorni Iddio avrebbe sparso il suo Spirito su ogni carne e che «i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno».

Importante fu anche il testo di 1 Tess. 5:19-21 che istruiva i credenti a non spegnere lo Spirito ma a esaminare ogni cosa e ritenere il bene. Perciò, i primi avventisti cominciarono a insegnare che i cristiani non devono rifiutare per principio coloro che sostengono di avere il dono profetico, ma devono comunque metterli alla prova per constatare se parlano se-condo «la Legge e la testimonianza» (in altre parole valutare se i loro insegnamenti si accordano con la Bibbia) e se i loro frutti (la vita e gli insegnamenti) dimostrino che si tratti di veri o falsi profeti (Mt. 7:1520). In aggiunta a questi testi, i primi avventisti sabatisti insegnavano che negli ultimi giorni la chiesa del rimanente avrebbe insegnato i comandamenti di Dio e avrebbe posseduto la Testimonianza di Cristo (Ap. 12:17); più tardi essi credettero di riconoscere in questa lo Spirito di profezia (Ap. 19:10).

Sulla base di questi e di altri versetti, Uriah Smith esorterà i lettori della “Review” a «rigettare i consigli di coloro che professano di prendere la Bibbia come regola di fede e di condotta, ma sottovalutano o rigettano quelle parti di essa che ci insegnano a cercare e ad attendere la potenza e i doni dello Spirito» (RH, 24 luglio, 1856).

Se uno dei punti sui quali i primi avventisti insistevano riguardava la stretta relazione tra Ellen White e la Bibbia, per il fatto che la Bibbia stessa prediceva e contemplava una simile genuina manifestazione, un altro argomento chiave era il primato della Bibbia in materia spirituale, nella quale i seguaci di Dio dovevano ricercare la luce religiosa. Infatti, James White scriverà che «il risveglio di alcuni o di tutti i doni spirituali non renderà mai superflua la necessità di sondare la Parola per conoscere la verità» (RH, febbraio, 1856). Scrisse ancora che un cristiano «non può separarsi dalle Scritture e apprendere quali sono i propri doveri solo per mezzo dei doni. Noi affermiamo che quando questo accade, la persona colloca i doni in un quadro sbagliato, e assume una posizione estremamente pericolosa. La Parola deve occupare il primo posto, e gli occhi della chiesa devono essere rivolti a lei come regola di fede e di condotta, come fonte di sapienza, dalla quale apprendere quello che deve fare; ma se una parte della chiesa si allontana dalla Bibbia, diviene debole e malata, il gregge si disperde, tanto da far ritenere necessario al Signore impiegare i doni dello Spirito per correggere, ravvivare e guarire gli erranti, dobbiamo lasciarlo operare. Inoltre, dobbiamo pregare per la sua opera e implorare Dio con ardore perché Egli agisca tramite il potere dello Spirito, e riconduca all’ovile le pecore disperse» (RH, 28 febbraio, 1856).

In un’altra occasione James White espresse in modo chiaro ed esplicito la propria comprensione della priorità della Bibbia sul dono posseduto da sua moglie Ellen. Nel novembre del 1855 i leader sabatisti, dopo uno studio della Bibbia, trovarono un comune consenso su un problema teologico, l’inizio del sabato, argomento che li aveva divisi per anni. Ma sia Bates che Ellen White non si trovavano d’accordo con la maggioranza. A quel punto Ellen ricevette una visione che servì a confermare quanto gli altri avevano già compreso con lo studio delle Scritture. Non ci volle molto a convincere Bates, Ellen White e gli altri ad accettare come esatto il risultato dello studio.

Sorse però la questione sul perché Dio non avesse chiarito le idee prima, attraverso una visione, ma James White replicò in maniera illuminante: «Non sembra – egli scrisse -essere desiderio del Signore rivelare al suo popolo questioni bibliche fino a quando i suoi servitori non hanno diligentemente esaminato la sua Parola. Che i doni abbiano il loro posto nella chiesa. Iddio non ce li ha posti di fronte e non ci ha comandato di guardarli per essere guidati nel sentiero della verità e nelle vie del cielo. È la sua Parola che Egli ha magnificato. Le Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento sono la lampada data all’uomo per illuminare i suoi passi verso il regno. Seguitela.

Ma, se vi siete allontanati dalla verità biblica, e correte il pericolo di perdervi, è possibile che Dio voglia, nella sua libertà, correggervi e riportarvi alla Bibbia, e salvarvi» (RH, 25 febbraio, 1868). Riassumendo, i primi avventisti erano un popolo della Bibbia. E fu proprio perché credevano nella Parola di Dio che essi furono aperti al moderno dono di profezia. Ma quel dono fu un supplemento ai loro studi biblici, non prese il posto delle Scritture. Infatti, la funzione del dono fu di guidare le persone a ritornare alla Bibbia come autorevole Parola del Signore.

Risposte al dono profetico di Ellen White

Come si può immaginare, Ellen White ebbe poca autorità agli inizi del suo ministero profetico. Molti la valutarono una voce tra tante altre. D’altronde solo i seguaci dell’avventismo sabatista ebbero il tempo di esaminare il suo messaggio e valutarlo alla luce della Bibbia. Non tutti quelli che conobbero la sua opera l’accettarono come divinamente ispirata.

Ecco un esempio di come la considerò un avventista del 1840 scrivendo a James White: «Io non posso affermare che le visioni della sorella White siano divinamente ispirate, come tu e lei stessa pensate che siano. Inoltre, non sospetto la minima ombra di disonestà da parte vostra su questa questione… credo piuttosto che quello che valutate come visioni da parte del Signore siano solo fantasticherie nelle quali la sua immaginazione sfugge a ogni controllo… Comunque, non penso in nessun modo che le sue visioni provengano dal diavolo» (WLF 22).

Ma altri non furono così indulgenti. Alcuni, tra i più fanatici avventisti, soprattutto dopo la delusione del 1844, erano abbastanza sicuri che Ellen White fosse indemoniata, e non si vergognarono a dirlo. A questo proposito Ellen scrisse: «Poiché li avvertivo dei pericoli che correvano, alcuni gioirono del fatto che fossi inviata da Dio; altri si rifiutarono di ascoltare la mia testimonianza non appena si accorsero che non ero in sintonia con loro. Essi dissero che io ero tornata al “mondo” poiché non ero d’accordo con le loro strane idee» (8MR 233).

Fu interessante la reazione di Joseph Bates, il qua-le assieme a James ed Ellen White fondò la Chiesa Avventista del Settimo Giorno. Bates dichiarò di avere ascoltato per la prima volta Ellen White raccontare le sue visioni nel 1845, ma senza rimanerne molto impressionato: «Sebbene non vedessi nelle visioni nulla che si contrapponesse alla parola di Dio, mi sentivo turbato e per molto tempo mi sforzai di credere che tutto ciò era il prodotto del suo stato di cronica debilitazione… Perciò mi sforzai di cogliere l’occasione in cui la sua mente era libera dall’eccitazione delle riunioni per porre a lei, ai suoi amici e a sua sorella maggiore alcune domande per portarli alla verità…

L’ho vista rapita in visione molte volte e tutti quelli che erano presenti, ricorderanno come io, durante i momenti più esaltanti, ascoltassi ogni sua parola e osservassi tutti i suoi movimenti per scoprire errori o influssi mesmeristici» (WLF 21).

La svolta decisiva per Bates avvenne dopo una visione che Ellen White ebbe a Topsham, nel Maine, nel novembre del 1846. In quella occasione Ellen fornì informazioni astronomiche che umanamente non le sarebbe stato possibile conoscere. Bates, che era stato uomo di mare e aveva conoscenze astronomiche, le fece alcune domande e, avendola trovata particolarmente informata, ne concluse che Dio le aveva concesso in visione le ultime acquisizioni scientifiche in materia.

Dopo quell’esperienza, egli credette fermamente nel ministero di Ellen White.

Le reazioni al suo ministero hanno tutte una cosa in comune. Ognuno fu costretto, nel confrontarsi con le sue dichiarazioni, a valutare la sua chiamata e a esprimersi sull’eventuale sua provenienza divina. E fu questo ciò che i primi avventisti sabatisti insegnarono sull’uso delle sue dichiarazioni.

In accordo con Paolo, essi ritenevano che non si dovessero rigettare per principio coloro che reclamano il dono profetico, ma che invece dovessero essere valutati alla luce della Bibbia. Ognuno deve «provare ogni cosa e ritenere ciò che è buono» (1Tess. 5:19-21). Di conseguenza, l’accettazione di Ellen White come profeta fu un processo lento che richiese il tempo necessario a ognuno per confrontare il suo ministero e il suo messaggio alla Bibbia.

Il ruolo di Ellen White nel «tempo di raccolta»

Gli White e Bates vissero gli anni dopo la delusione, tra il 1844 e il 1848, come il «tempo della dispersione» per i milleriti avventisti. Ma durante il 1848 i dirigenti sabatisti si trovarono d’accordo su un insieme di dot-trine fondamentali per cui credettero di avere la responsabilità di condividerle con gli avventisti ancora confusi per ciò che era accaduto nell’ottobre del 1844.

I leader sabatisti svilupparono, per un periodo di tempo che chiamarono «tempo di raccolta», due tipi di approccio nei confronti dei loro potenziali uditori, con l’obiettivo di raccogliere i credenti intorno alla loro comprensione di ciò che accadde il 22 ottobre 1844 e alle loro principali dottrine. Il ministero profetico di Ellen White è presente in ambedue le attitudini.

Il primo consistette quindi in una serie di conferenze sabatiche che vennero organizzate tra il 1848 e il 1850. D’accordo con James White, il proposito delle conferenze fu di “unire i fratelli sulle grandi verità connesse col messaggio del terzo Angelo di Apocalisse 14:9-12» (RH, 6 maggio, 1852). All’inizio le prospettive apparvero lungi dall’essere incoraggianti. Ellen racconterà a proposito della conferenza che si svolse a Volney, New York, che «era difficile trovare due persone

che concordassero su qualcosa… ognuno appariva rigido nelle proprie vedute, sostenendole come in accordo con la Bibbia, ben radicato sulle proprie opinioni particolari, dicendo che noi eravamo venuti da così lontano non per ascoltarli ma per insegnare loro la verità» (SG 97,98).

Bates e gli White credettero nei frutti che aveva portato il loro studio della Bibbia e s’impegnarono duramente nel predicare il messaggio dottrinale ai loro amici avventisti. Fu solo attraverso una guida risoluta che poterono raccogliere un gruppo di credenti tra i confusi ranghi dei milleriti delusi.

Come si può immaginare, il dono profetico di Ellen White agì durante queste Conferenze. Il suo ruolo apparve decisivo nel portare armonia tra gli animi quando l’incontro raggiungeva dei punti morti nella discussione.

Il secondo approccio utilizzato dai leader avventisti sabatisti fu la pubblicazione delle loro tesi. Il dono profetico di Ellen White fu particolarmente evidente in questo passaggio. Fino al novembre del 1848 i sabatisti avevano pubblicato solo qualche opuscolo, ma non avevano un loro periodico.

Proprio in quel mese Ellen trasse da una visione un messaggio per suo marito: «Devi cominciare a pubblicare uno stampato e spedirlo alle persone. Sarà piccolo all’inizio; ma le per-sone lo leggeranno e ti invieranno i mezzi per stamparlo, ed esso sarà un successo fin dal primo numero. Da questo piccolo inizio, mi è stato mostrato, un fascio di luce circonderà il mondo» (LS 125).

La sua predizione di un programma mondiale di pubblicazioni sorgeva dal nulla, e nulla lo incoraggiava tra i sabatisti del tempo. Da un punto di vista umano la predizione appariva assurda.

Che cosa potevano realizzare pochi predicatori senza un soldo che contavano su meno di cento credenti?

Ma, a dispetto delle circostanze, James pubblicò il primo numero della “Presenth Truth” (precursore del-la “Adventist Review”) nel giugno del 1849. Da quel piccolo inizio, le pubblicazioni degli avventisti del settimo giorno sono cresciute al punto che, attualmente, esse includono 56 case editrici che stampano 335 periodici oltre a un’immensa quantità di altra letteratura. La predizione sul «fascio di luce che circondava il mondo» è divenuta una realtà, a dispetto delle apparenti, impossibili circostanze in cui la visione fu data.